Leggere vuol dire...

Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare. [...] La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri.
(V. Alfieri, "Del principe e delle lettere", 1786)

sabato 2 luglio 2016

Il giovane Holden

IL GIOVANE HOLDEN
Jerom David Salinger

A una prima lettura Il giovane Holden sembra il libro di una generazione stanca, la voce di una “gioventù bruciata”. A Holden piace Il grande Gatsby e i richiami letterari spiegano molto. Anche Gatsby non ha orizzonti, deluso dalla storia e dall’amore si consuma in un’ebbrezza estrema, spingendo sempre più l’acceleratore della vita, cercando l’inafferrabile bellezza e spesso confondendola, fino alla disperazione.
Holden è un ragazzo insofferente alle regole: lascia la scuola, ma è affezionato ai suoi professori; non ama studiare, ma legge molto; si sente schiacciato dalle aspettative della famiglia, ma non rinnega gli affetti.
Il suo è un vagabondaggio tra le strade di New York non tanto alla ricerca del coraggio di tornare a casa dopo aver abbandonato il college, quanto piuttosto alla ricerca di se stesso, di un senso da dare alla propria vita. Segnato profondamente dalla morte prematura del fratello Allie, cui rivolge incessantemente il suo pensiero, Holden ha sviluppato una forte noia verso la vita e verso un’umanità da cui non si sente capito: la gente è fatta apposta per rovinarti tutto.
La mancanza di relazioni profonde è un saggio della durezza della vita che Holden sperimenta già nel college di Pencey. Eppure non si scoraggia: l’abbandono degli studi non è una fuga, ma l’inizio di una ricerca: tutt’a un tratto devi camminare, poco importa fin dove o fino a che altezza. Come Leopold Bloom nella sua Dublino, anche Holden – certo meno tragicamente del personaggio di Joyce -  girovaga senza meta. Il professor Antolini - presso cui trova ospitalità, ma che presto lascia, confuso dalle sue carezze e dalle sue ambigue attenzioni – gli dice io credo che uno di questi giorni ti toccherà di scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto. Alle sagge parole del professore il ragazzo risponde con uno sbadiglio.
Il giovane Holden appartiene a una generazione stanca della saggezza dei padri. Holden si oppone ai sentieri già battuti, ai consigli sugli errori da evitare. Holden vuole sperimentare e se questo significa prepararsi a un capitombolo, come Antolini gli spiega, ebbene, allora Holden vuole provare, rischiando pure di cadere.
Di una cosa, però, è certo: il valore incancellabile degli affetti. Prima di partire per un viaggio dagli orizzonti poco chiari, Holden passa a salutare la sorellina; lei capisce che quell’insolita visita nel cuore della notte è l’esito di una fuga dal college e conclude: a te no ti piace niente di quello che succede. Holden intende smentire le parole della piccola Phoebe. Però, cercando con difficoltà tra le cose che gli piacciono molto, effettivamente stenta a trovarne una davvero importante. Poi, finalmente, mette a nudo il suo cuore: dopo aver sperimentato l’inautenticità di un mondo dalle false relazioni, dichiara: mi piace Allie… e mi piace fare quello che sto facendo adesso. Stare seduto qui con te a parlare, e a pensare alle cose, e ….
Il senso di questo libro, quindi, non è nella deliberata mancanza di proposte da parte di una generazione che contesta le certezze della tradizione; e non è neanche nell’elezione del vagabondaggio come forma di ricerca; e neppure nella metaforica preferenza di Holden per l’Ulisse del naufragio, piuttosto che per l’Ulisse del ritorno. Questo romanzo contiene una proposta profonda, universale, eterna. Quello che conta per gli esseri umani è il bisogno di essere riconosciuti e considerati. Negli occhi della piccola Phoebe Holden trova tutto questo.
In una società che svaluta le relazioni umane in nome di efficientismi spersonalizzanti, incontrarsi e  essere ascoltati  diventano i soli valori che restituiscono dignità all’essere umano: se qualcuno almeno vi sta a sentire non è tanto brutto. Holden non è sicuro che la sorellina capisca fino in fondo il senso del suo disagio. Ma lo ascolta. E questo conta. Parlando con Phoebe, a Holden vengono in mente le parole di una canzone e ricordandone il significato, il giovane riflette su alcune immagini che quella canzone rievoca: migliaia di ragazzini e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo far altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo… è l’unica cosa che mi piacerebbe fare. Lo so che è una pazzia.
È vero che la vita è un dirupo pazzesco. Però essere utili, contare qualcosa per gli altri, poter andare loro incontro, aprire le braccia e salvarli ti rende davvero uomo. E d’altra parte sapere che c’è qualcuno che ti prende al volo, che ti viene incontro e non ti lascia cadere è rassicurante.
Holden ha capito che non sono le regole imposte dalla scuola, dalla famiglia, dalla società a fare di te quello che sarai. Piuttosto, la vita ti educa, le esperienze ti plasmano, gli errori ti fanno crescere e la molla che ti spinge a cercare la tua identità è una sola: il bisogno di reciprocità, di ascolto, di incontro.
In una mondo che fissa traguardi standard nel mare del conformismo, imparare a riconoscere il valore di ciò che conta davvero, di ciò che resta nel tempo e lascia un segno indelebile è il messaggio più profondo che viene dal giovane Holden. 
Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole maorire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa.
Holden rifuta i falsi eroismi. Vivere significa cercare di capire perché si vive. E la vittoria è già nella ricerca.
Non ci sono ricette precostituite, non si può sapere tutto prima di aver cominciato il cammino. I traguardi, i risultati? Mah! Possono essere raggiunti, oppure no. Bisogna provare, sperimentare, passare anche attraverso errori e delusioni. Fa parte del gioco della vita. E alla fine quello che resta è un senso di mancanza, di nostalgia per tutti coloro con i quali hai parlato, ai quali hai raccontato, con cui hai condiviso un momento che è parte della tua esistenza.
Ecco quello che conta: imparare a sentire la mancanza, quella che accresce il desiderio.

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