Leggere vuol dire...

Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare. [...] La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri.
(V. Alfieri, "Del principe e delle lettere", 1786)

domenica 15 dicembre 2019

LA LINGUA DISONESTA

Viviamo in un'epoca in cui il discorso politico è diventato propaganda: non si comunicano idee, ma slogan, non si dimostra ciò che si è, ma si "posta" ciò che si mangia. Ne consegue che anche il linguaggio politico sta subendo una metamorfosi: non trasmette più un'idea di mondo, ma tende a suggestionare, a condizionare un numero crescente di potenziali elettori, fino addirittura a manipolarne la libertà di scelta. Perciò il modo di esprimersi della attuale classe politica tende a imitare i procedimenti comunicativi propri della pubblicità, assumendo i tratti di una vera e propria perenne propaganda. Questo è in buona sostanza il messaggio del significativo saggio di Edoardo Lombardi Vallauri, La lingua disonesta. Contenuti impliciti e strategie di persuasione.


Le strategie comunicative individuate dall'autore sono varie. Per esempio, Lombardi Vallauri fa riferimento alla creazione di frames, "cornici concettuali entro cui le cose prendono il senso voluto dall'emittente": se si vuole, per esempio, indirizzare l'opinione pubblica verso una maggiore severità contro gli immigrati, sarà utile a tale scopo costruire e diffondere il frame in cui gli immigrati sono anche delinquenti. 
Lombardi Vallauri si concentra poi sulle strategie linguistiche atte alla persuasione. Constata prima di tutto che suoni e immagini sono più immediati, e perciò più convincenti, delle parole: associare la calda atmosfera di una serata tra amici che brindano con il brandy Vecchia Romagna, accompagnati dall'avvolgente sottofondo musicale della Romanza n.2 di Beethoven, suggerisce, senza spiegarla, un'idea di armonia, solennità e benessere in maniera molto più efficace, e quindi credibile, di qualunque esplicitazione affidata a concetti espressi con parole. Oltretutto la musica emoziona, tocca le corde della sensibilità. Immagini e musica procedono per stimoli impliciti: ogni esplicitazione linguistica risulterebbe una deminutio in termini di immediatezza ed efficacia. 
Ne deriva che per ottenere effetti persuasivi e addirittura manipolativi ai fini della  conquista di consensi politici, anche la lingua deve adeguarsi a questi standard suggestivi tipici della musica e delle immagini. Deve, dunque, ricorrere a messaggi impliciti e sottilmente incisivi. Lo sottolinea chiaramente l'autore: quando siamo espliciti, siamo noi a informare; quando siamo impliciti, invece, lasciamo che sia il destinatario a estrarre una data informazione dal contesto. Rubando procedimenti propri della poesia, figure del suono come onomatopee, fonosimbolismi e rime, giocando con il fascino delle lingue straniere, la raffinatezza del francese, l'incisività dell'inglese, la comunicazione manipolativa e propagandistica svia l'attenzione del destinatario verso lo scopo che l'emittente si propone di raggiungere.
L'autore precisa: procedere per messaggi impliciti, spesso approssimativi e indefiniti, deresponsabilizza l'emittente, nel senso che, in fondo, è il destinatario a "cooperare" nella costruzione e nel completamento del significato: quanto più il messaggio è vago, generico, ovvio, tanto più il completamento finale ad opera del destinatario lo carica del significato che l'emittente vuole trasmettere. Scrivere, ad esempio, su una manifesto elettorale "Più tasse sulla tua casa? No grazie!" è un'affermazione scontata e vaga, (chi vorrebbe mai pagare più tasse sugli immobili?) che non promette niente di preciso, cioè non dice nulla sul COME raggiungere l'obiettivo proclamato; tuttavia associare il "No grazie" all'immagine del rappresentante politico in corsa per le elezioni dell'uno o dell'altro partito, farà credere che solo lui si farà garante di un abbassamento della tassazione, impegno invece non assicurato dagli avversari. Tutto è implicito, il contenuto è vago, il significato è stato definito dal destinatario, la cui vigilanza critica è stata indebolita dall'ovvietà e dall'approssimazione del messaggio, la cui vaghezza fa sì che non possa essere falso o opinabile (infatti chi potrebbe rispondere "Sì, grazie" alla domanda "Più tasse sulla casa?"), e l'emittente ha così raggiunto il suo scopo: conquistare il probabile consenso per vincere le elezioni!
C'è infine un'affermazione dal valore fondamentale nel saggio di Lombardi Vallauri: "i ritmi attuali della comunicazione e della vita stessa, e i canali attraverso cui si attua la comunicazione, fanno sì che nella nostra civiltà i messaggi veramente importanti, quelli che influiscono in maniera determinante, siano diventati quelli brevissimi e semplificati, non certo quelli complessi e articolati": insomma, in una competizione politica avrà maggiori chances il candidato dall'eloquio sloganistico, icastico, pubblicitario, rispetto a quello che si affanna a trovare argomentazioni logiche e pensieri articolati a supporto delle proprie proposte. Così hanno infatti vinto i giovani e rampanti rottamatori! Agire sulle emozioni paga di più che non, invece, usare argomenti razionali, consequenziali e coerenti, operazione che richiede tempo e contraddice il diktat della nostra società: rapidità, brevità. Una comunicazione veloce diventa sinonimo di efficienza e se si associa al look dell'uomo in gamba, sempre al lavoro, con maniche di camicia arrotolate per facilitare i movimenti di chi è pronto a "dare una mano" al proprio Paese e, per questo, non bada all'eleganza, ma sceglie abiti ordinari, come uno di noi, il gioco è fatto!
Altre strategie sono poi ricordate: procedere usando stereotipi del linguaggio (negro invece di nero; terrone invece di meridionale...), per condizionare il giudizio su qualcuno;  utilizzare l'argomentum ad populum ( se lo dicono tutti, allora è vero..., vox populi, vox Dei).
In definitiva, chiarisce Lombardi Vallauri, per elevare il livello di consapevolezza di noi tutti, destinatari di una politica sempre più strategica, bisogna alzare la guardia nei confronti delle strutture proprie del linguaggio: non basta, dunque, badare solo ai contenuti.
Una vera democrazia si regge sui livelli di consapevolezza dei cittadini: se questi mancano, i cittadini si trasformano in burattini manipolati, ergo in sudditi.
La conclusione di Lombardi Vallauri è chiara: il compito della scuola in termini di educazione linguistica, di cura e selezione delle parole, è fondamentale non solo per i risultati attesi dal sistema di istruzione italiano, ma principalmente per la sopravvivenza della democrazia nel nostro Paese.

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