Leggere vuol dire...

Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare. [...] La ragione ed il vero sono quei tali conquistatori, che, per vincere e conquistare durevolmente, nessun'altra arme debbono adoperare, che le semplici parole. Perciò le religioni diverse, e la cieca obbedienza, si sono sempre insegnate coll'armi; ma la sana filosofia e i moderati governi, coi libri.
(V. Alfieri, "Del principe e delle lettere", 1786)

sabato 30 maggio 2020

LA SCRITTURA NON SI INSEGNA

    È vero, "la scrittura non si insegna" e, come Vanni Santoni conferma, le scuole di scrittura non possono fare miracoli: "nessuna scuola impedirà a chi è destinato a essere uno scrittore di diventarlo, e allo stesso modo non farà di un non scrittore uno scrittore". E scegliendo di iniziare il suo libro con una citazione di Cortázar ("il solo fatto di chieder consigli ad altri in materia letteraria dimostra la mancanza di una vera vocazione") l'autore di "La scrittura non si insegna" dimostra che, in effetti, per scrivere un libro ci vuole talento.

    Vanni Santoni, però, dichiara: "di scrittura ne ho insegnata". 

    Dunque oscillando tra l'idea romantica del genio creativo e quella di un percorso perfettibile grazie all'esercizio, il pamphlet di Santoni fornisce alcune chiare indicazioni per principianti ed esordienti: bisogna leggere, scrivere ogni giorno, evitare i luoghi comuni, non dire cose noiose, "confrontarsi con i migliori" e inviare testi a riviste letterarie per entrare in contatto con un vasto mondo di critici, esperti, scrittori famosi, altri meno noti, ma pure abili e talentuosi. 

Però, forse, manca un ingrediente a questa significativa lista di consigli, e va apprezzata la sensibilità di Santoni che non ne fa menzione per non scoraggiare troppo i suoi lettori/allievi. Ma qui se ne può parlare. 

Per essere scrittori bisogna avere qualcosa da dire. Altrimenti, come diceva Elsa Morante, si resta solo scriventi. Lo scrittore, spiega Elsa Morante, è "un uomo a cui sta cuore tutto quanto accade" e in quanto artista ha un compito preciso: "impedire la disintegrazione della coscienza umana, nel suo quotidiano, e logorante, e alienante uso con il mondo"; "restituirle di continuo, nella confusione irreale, e frammentaria, e usata, dei rapporti esterni, l'integrità del reale, o, in una parola, la realtà". E precisa ancora: "in quanto scrittore non può venir meno a queste condizioni necessarie: l'attenzione, l'onestà e il disinteresse". Infine nota: "c'è una quantità di persone che scrivono, e stampano libri, e si potranno distinguerli chiamandoli genericamente scriventi", perché non possiedono quella dote straordinaria, che è sempre rivoluzionaria, dice Elsa Morante, e che si chiama arte.

    Dunque se ci si rende conto che questo è un traguardo troppo alto, nessuna scuola di scrittura potrà venire in soccorso, perché "impedire la disintegrazione della coscienza umana" è una qualità che possiedono davvero in pochi e che non è trasmissibile attraverso lezioni di scrittura.

"Attenzionee "onestà": sembrano parole scontate, queste della Morante. Eppure  anche Carver - autore citato da Santoni tra i vari riferimenti esemplari indicati nel suo testo - ne conferma il valore. A proposito dell'onestà, Carver osserva, nel suo saggio Il mestiere di scrivere: "se le parole e i sentimenti  sono disonesti, se l'autore bara e scrive di cose che non gli stanno a cuore o di cui non è convinto, allora non può aspettarsi che qualcun altro mostri interesse per il racconto". Per quanto riguarda l'attenzione, poi, Carver chiarisce: "il compito dello scrittore è di investire quel qualcosa appena intravisto con tutto ciò che è in suo potere".  È una questione di sguardo, insomma: citando Tolstoj, Carver nota che, sì, il talento è "il dono di vedere quello che gli altri non hanno visto". Poi, però, rimaneggiando la citazione dello scrittore russo, specifica: "il talento è il dono di vedere quello che tutti hanno visto, ma vederlo in modo più chiaro, da ogni lato".

Infine c'è il "disinteresse": si scrive perché non se ne può fare a meno. Non c'è altra ragione. 

    Quando Santoni dichiara che "la scrittura - se l'obiettivo è arrivare a produrre qualcosa di decoroso - chiede molto tempo", dice una cosa giusta (che la scrittura richiede tempo), lasciando, però, trasparire un limite di fondo che inficia il panorama letterario contemporaneo: l'evidente prossimità della scrittura con il mercato, la sua dipendenza dall'industria editoriale: il libro è un prodotto. Il libro deve vendere.

Ecco perché ci sono tanti scriventi e pochi scrittori.

Comunque, sì, Santoni ha ragione: "la scrittura non si insegna".