ITALO CALVINO
La formica argentina
La formica argentina
è un racconto che fa parte della raccolta Gli
amori difficili e, insieme a La
nuvola di smog ne compone la seconda sezione, intitolata La vita difficile.
In questa parte della
raccolta Calvino allarga lo sguardo dalle vite individuali all’esistenza umana
nel suo complesso resa, appunto, “difficile” dal male di
vivere. Senza
ricorrere a correlativi oggettivi di struggente dolore – come fa Montale con le
sue note e icastiche immagini: il rivo strozzato che gorgoglia, l'incartocciarsi
della foglia riarsa, il cavallo stramazzato – Calvino riproduce una situazione
concreta che si trasforma in un’ossessione e paralizza la vita nella sua
quotidianità: un’invasione di formiche contro cui non esiste rimedio. A nulla
valgono, infatti, insetticidi e trappole. C’è chi specula su questa sciagura e
forse trae vantaggi dal perdurare del problema, arrivando persino ad
alimentarlo. C’è chi reagisce facendo finta che le formiche non esistano e chi,
invece, diventa aggressivo e violento.
Reazioni umane di fronte al pericolo: corruzione, indifferenza, reattività.
La formica argentina non è semplicemente una specie di formica dannosa e invasiva; è, piuttosto, nelle intenzioni di Calvino, la forma che assume l’inquietudine, quando si affaccia su una vertigine senza fondo; è l’assenza di rimedi,
l’evanescenza delle soluzioni, non tanto nell’impatto con le contingenze e con
i fastidi del “campare”, quanto, piuttosto, di fronte all’esistenza umana nella totalità dei suoi
aspetti, un’esistenza che diventa come un macigno insopportabile se non si
possiede la forza di imparare l’arte della convivenza con il dolore.
Viviamo
in un’epoca in cui la formica argentina si è macroscopicamente ingigantita e ha
generato uno stato di incertezza e di angoscia che Bauman ha definito “paura
liquida” (1).
Zygmunt Bauman |
Oggi la formica argentina è un immane Titanic, per usare una
metafora cara a Jacques Attali (2): tutti
intuiamo che c’è un iceberg ad attenderci, nascosto da qualche parte tra le
brume del futuro nebuloso, e che ci andremo a sbattere contro per poi
sprofondare al suono della musica ….
Mille sono oggi le nostre formiche
argentine, i nostri iceberg: la minaccia finanziaria, quella nucleare, quella
ecologica, quella sociale, quella terroristica. La molteplicità dei poli di
insicurezza generale determina uno stato incessante di paura: la paura più temibile è la paura diffusa,
sparsa, indistinta, libera, disancorata, fluttuante, priva di un indirizzo o di
una causa chiari; la paura che ci perseguita senza una ragione, la minaccia che
dovremmo temere e che si intravede ovunque, ma non si mostra mai
chiaramente."Paura" è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla
nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c’è da fare (3).
Eppure
dobbiamo sopravvivere.
Calvino suggerisce di guardare più dall’alto: vivere in un meschino e gracile
orizzonte ci costringe a batterci contro problemi gracili e meschini. La terra
è in effetti un piccolo punto del cosmo. Già Seneca ricordava che è solo un granello quello su cui navigate,
in cui combattete, in cui ordinate i vostri regni (4). Corre l’obbligo, allora, di cambiare prospettiva e prendere le
distanze dalle miserie quotidiane. E se la formica argentina simboleggia il proliferare di guai sempre nuovi
con cui l’uomo deve fare i conti ogni giorno, il mare calmo, con il suo
continuo fluttuare di colori, con le sue distanze d’acqua, con le sue correnti
che spingono lontano, sempre più lontano, verso infiniti orizzonti, sono la
metafora usata da Calvino per evocare le nuove prospettive che ognuno è chiamato ad adottare: guardare più dall’alto, prendere le
distanze da questa fragile condizione … in fondo quell’esercito di formiche
siamo noi.
Del
resto, per sopravvivere, abbiamo il
dovere della speranza, scrive Bauman, che però, rispetto a Calvino assume
una posizione più combattiva. Ancora Seneca – modello insostituibile per ogni
linea di pensiero – diceva vita militare
est (5): non si possono sognare fughe in mondi iperuranici di oziosa
contemplazione; come soldati dobbiamo combattere per affrontare le prove
dell’esistenza. Bauman indica nel compito di denuncia degli intellettuali
l’inizio di un processo di sradicamento dell’angoscia collettiva: solo mettendo
a nudo la complessa rete di nessi causali tra dolori individuali e le condizioni
prodotte collettivamente si potrà dare spazio alla speranza. E il compito degli
intellettuali è arduo, consiste prima di tutto nel far comprendere a fondo ciò
che Seneca già nel I secolo d.C. aveva capito: perdite, duri colpi, fatiche, paure mi hanno quasi subissato:sono cose
che capitano ... Tutto ciò che provoca i nostri gemiti, tutto quello che
temiamo, sono tributi da pagare alla vita: non chiedere di esserne esente (6). Tuttavia la consapevolezza
dell’ineliminabilità dolore è solo un primo passo; occorre con urgenza un nuovo
patto degli intellettuali con l’umanità: far conoscere, denunciare, proporre.
Che il dolore esiste è una cosa certa. Tuttavia la smisurata crescita delle
cause di sofferenza rispetto al passato, è un dato allarmante. Non saranno,
forse, costruite ad hoc, le nostre
paure? Bauman sostiene che i prodotti per combattere la paura hanno
bisogno di consumatori paurosi e impauriti (7). Sembra chiaro che tante paure arrivano nella nostra vita già con
i loro rimedi, un pacchetto in offerta contro pericoli debellabili … al giusto
prezzo! Pericoli e paure verrebbero, perciò, alimentati dalla melassa avvelenata, poco avvelenata,
anzi così scarsamente avvelenata che finisce con l’ingrassare le formiche
argentine. Del resto, scrive Calvino nel suo racconto, il giorno che non ci fossero più formiche i funzionari dell’Ente dove
andrebbero? Calvino fa ben capire che gli uomini dell’ENTE PER LA LOTTA
CONTRO LA FORMICA ARGENTINA hanno bisogno della formica argentina! Insomma, se
non ci fossero le guerre, come si potrebbero vendere le armi che l’industria
bellica copiosamente fabbrica? Se non ci fossero le malattie, come vivrebbero
coloro che producono i farmaci?
E' bene, allora, fare in modo che il male di vivere non sia acuito dalla passività di
un’ignoranza collettiva verso le responsabilità di chi alimenta i pericoli del
mondo e specula sulle paure umane.
Solo così si potranno trovare gli antidoti
per le formiche argentine che stanno invadendo le nostre vite.
1- Zygmunt
Bauman, Paura liquida, 2006
2- Jacques
Attali, Le “Titanic”, le mondial e nous,
in “Le Monde”, 3 luglio 1998
3- Z.
Bauman, op. cit.
4- Seneca,
Naturales quaestiones, Preafatio 12.
5- Seneca,
Epistulae ad Lucilium, 96, 5
6- Seneca,
Epistulae ad Lucilium, 96, 1; 96, 2
7- Z.
Bauman, op.cit
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